Convegno Evidence Based Injury Prevention And Return To Sport Strategy 2
Il 25 giugno 2022 si è tenuto a Foggia il convegno “Evidence – based Injury Prevention and Return to Sport strategy”, il più  grande evento organizzato a Foggia sulla Prevenzione e la Cura degli Infortuni Sportivi.

Un’occasione unica per chiunque opera nello sport, per aggiornarsi su uno dei temi più caldi dell’attività sportiva, ovvero gli infortuni, grazie alla presenza dei più grandi esperti del settore.

Ovviamente, tra gli esperti intervenuti all’evento, non poteva mancare il nostro dott. Atanasio De Meo, che ha trattato il tema del ruolo dell’alimentazione e dell’integrazione nella prevenzione e nel recupero post infortunio.

Convegno Evidence Based Injury Prevention And Return To Sport Strategy

Grazie all’intervento del nostro dottore è stato chiaro come lesioni muscolari, problemi tendinei ed articolari siano strettamente legati all’alimentazione praticata, ed è stato possibile appurare, con dati scientifici alla mano, come con un opportuno piano di alimentazione ed integrazione sia possibile migliorare queste condizioni, evitando di perdere giorni e giorni di allenamento e imbottirsi di farmaci.

Vuoi saperne di più??

Leggi questi articoli:

– L’ALIMENTAZIONE CORRETTA PER MIGLIORARE LA PERFORMANCE SPORTIVA

– Affaticamento muscolare: le cinque cause della riduzione della performance sportiva

– IDRATAZIONE: QUANTO INCIDE NELLA PRATICA SPORTIVA?

Contattaci per capire come prevenire gli infortuni.

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INTEGRAZIONE

INTEGRAZIONE E ALIMENTAZIONE: DUE PILASTRI PER RAGGIUNGERE E MANTENERE UN BUONO STATO DI SALUTE

INTEGRAZIONE

Una corretta integrazione e una sana alimentazione sono due perni fondamentali per raggiungere e mantenere un buono stato di salute.

Spesso, però, sento affermare, anche da vari professionisti della salute, che se si esegue una corretta alimentazione, non è necessario integrarsi.

Niente di più sbagliato per due semplici motivi:

il primo è che nessuno oggi effettua una sana alimentazione, correttamente bilanciata, in funzione di tutte le attività svolte durante il giorno, oltre all’attività fisica e sportiva, dello stile di vita, della composizione corporea o delle proprie analisi ematiche.

Sicuramente molto pochi, motivo per cui è indubbio che un’integrazione di base sia fondamentale e necessaria, ma, soprattutto, è indispensabile affidarsi a professionisti del settore competenti e altamente specializzati.

Il secondo motivo è che ci sono evidenze scientifiche che certificano la CARENZA pandemica di alcuni nutrienti ad esempio di:

  • Vitamina D, specialmente nella popolazione mediterranea, sia nei bambini che negli adulti.
  • Omega-3, dovuta alla dieta occidentale più ricca di omega-6
  • Ferro e acido folico, in particolare nelle gestanti ma anche negli sportivi affetti da anemia da sport
  • Magnesio, di cui è carente circa l’80% della popolazione italiana
  • Vitamina B-12 soprattutto per chi segue un’alimentazione vegana.
  • Coenzima Q-10 per chi assume farmaci per il controllo del controllo del colesterolo.

L’obiettivo di una corretta integrazione è di individuare coscienziosamente le carenze presenti e porvi rimedio, scegliendo l’integratore giusto, valutandone il dosaggio, la tempistica di utilizzo, la biodisponibilità, l’eventuale interazione con farmaci o alimenti; tutto ciò cercando anche di personalizzare il più possibile questa scelta, grazie all’esperienza ma soprattutto alle nozioni scientifiche.

Purtroppo, i “consigli per gli acquisti” sono molto spesso forniti da parenti, amici e venditori che non conoscono la materia ed è veramente terrificante constatare con quanta facilità vengono venduti prodotti che verranno poi utilizzati giornalmente, anche più volte al giorno, senza sapere quale impatto possono avere sul nostro organismo.

INTEGRAZIONE PER CHI PRATICA ATTIVITA’ SPORTIVA

INTEGRAZIONE

In riferimento alla performance, quali sono le sostanze che dovrebbero essere utilizzate e con quali tempistiche?

Le sostanze sono state classificate in relazione alle evidenze scientifiche, a seconda di una forte o limitata evidenza scientifica o con prove a supporto dell’efficacia o della sicurezza, in riferimento al tipo di integratore che può essere utilizzato per:

  • Costruzione muscolare
  • Miglioramento delle prestazioni

Sono circa una decina la sostanze efficaci ossia: proteine, Hmb (Idrossi-metil-butirrato), Creatina Monoidrato, Beta Alanina, Amminoacidi Essenziali, Caffeina, Citrullina, Quercitina, Amminoacidi Ramificati e pochi altri.

Quindi risulta fondamentale conoscere queste sostanze, valutarle ed utilizzarle, senza affidarsi alle mode del momento, in modo tale da avere la certezza di ciò che si sta assumendo sia sicuro e che abbia un effetto positivo e definito.

Per questo, quando spesso mi viene posta la domanda su quale integratori utilizzare, cosa ne penso di una sostanza o del dosaggio da utilizzare, non esprimo un’opinione ma, un dato di fatto che, purtroppo, troppo spesso va in contrasto con chi “propone” integratori alimentari.

Invece, ora avete la possibilità di comprendere quali sono le sostanze che personalmente consiglio quando ho di fronte una persona che intende crescere muscolarmente o che vuole migliorare la composizione corporea (dimagrire) oppure che vuole migliorare la forza e la resistenza.

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IDRATAZIONE

Idratazione quanto incide nella pratica sportiva?

IDRATAZIONE

Come sappiamo, l’acqua è vita, per cui prima di parlare di nutrizione, bisognerebbe parlare di idratazione.

L’acqua, infatti, svolge diverse funzioni che sono fondamentali per il corpo, tra cui la regolazione della temperatura corporea, il trasporto dei nutrienti, l’eliminazione delle tossine, la lubrificazione delle articolazioni.

Ogni giorno, introduciamo acqua attraverso la dieta ma, la perdiamo attraverso il sudore, l’urina e la respirazione (si, anche la respirazione è un mezzo di eliminazione di acqua).

Generalmente, il contenuto totale di acqua corporea è costante, tuttavia in alcuni casi, come quando si pratica attività sportiva specialmente in ambienti caldi, il ricambio di acqua può essere molto alto.

Contenuto di acqua corporea

IDRATAZIONE

Il contento di acqua corporea di un atleta, varia dal 45 al 75% e dipende da vari fattori quali l’età, il sesso e dalla composizione corporea.

In particolare, la variazione della percentuale di acqua corporea dovuta alla composizione corporea, è dovuta ai muscoli (massa magra). Il muscolo ha un contenuto di acqua molto più elevato (circa il 70-80%)  rispetto al tessuto adiposo (circa il 10%).

L’acqua corporea è suddivisa in due compartimenti:

  • Acqua Intracellulare: rappresenta circa il 55-65% dell’acqua corporea totale
  • Acqua Extracellulare: rappresenta il restante 35-45%

Lo spazio extracellulare può essere ulteriormente suddiviso in due compartimenti costituiti dal:

  • Fluido interstiziale
  • Fluido intravascolare (∼7,5% dell’acqua corporea totale).

L’acqua è una componente importante del volume vascolare, (il volume del sangue è di circa il 35-45% di globuli rossi e il 55-65% di acqua (plasma). Ricordate anche questo quando donate sangue.

Quando, il corpo dell’atleta diventa progressivamente ipoidratato (non correttamente idratato) può verificarsi una riduzione del flusso sanguigno e della pelle e della sudorazione, andando a compromettere la capacità di regolare la temperatura corporea.

Diversi studi, hanno dimostrato che una leggera ipoidratazione, che corrisponde ad una perdita del 2% di massa corporea, può essere già in grado di compromettere le prestazioni fisiche.

Infatti, si è visto che grandi perdite di BM, si traducono in una maggiore riduzione delle prestazioni, specialmente in condizioni di caldo; tuttavia un calo nelle prestazioni fisiche è stato osservato anche in condizioni di freddo.

CAUSE DI DIMINUZIONE DELLA PERFORMANCE

A causa dell’ipertermia, ossia un aumento della temperatura corporea, causato dalla disidratazione, durante l’esercizio a 35 ° C, si ha una riduzione del 25-30% della gittata sistolica che non è generalmente soddisfatta con un aumento proporzionale della frequenza cardiaca; ciò si traduce in una diminuzione della gittata cardiaca e della pressione arteriosa e quindi una diminuzione della performance.

Inoltre, durante l’esercizio al caldo, la dilatazione dei vasi sanguigni della pelle, riduce la proporzione della gittata cardiaca dedicata alla perfusione dei muscoli che lavorano. Questo vuol dire che diventare significativamente ipoidratati andrà a compromettere anche la capacità del corpo di perdere calore.

Durante l’esercizio fisico, la temperatura corporea aumenta più rapidamente, in particolare  quando il corpo è ipoidratato. Questo è comunemente accompagnato da una frequenza cardiaca più elevata durante l’esercizio; di conseguenza, un aumento della frequenza cardiaca si traduce in una incapacità di sostenere a lungo quello sforzo.

Oltretutto, il maggiore aumento della temperatura interna durante l’esercizio fisico, in una situazione ipoidratazione,  è associato a un aumento del tasso di degradazione del glicogeno muscolare; tutto ciò comporta un prematuro affaticamento e una riduzione dell’alta intensità verso la fine di una partita di calcio.

Fonti:

ACSM. (2016). Position of the Academy of Nutrition and Dietetics, Dietitians of Canada, and the American College of Sports Medicine: Nutrition and Athletic Performance. Can J Diet Pract Res, 77(1), 54. doi:10.3148/cjdpr-2015-047

Armstrong, L. E.; Costill, D. L.; y Fink, W. J. (1985). Influence of diuretic-induced dehydration on competitive running performance. Med Sci Sports Exerc, 17(4), 456-461.

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Vitamine gruppo B

VITAMINE DEL GRUPPO B

Vitamine gruppo B

Le vitamine del gruppo B sono vitamine idrosolubili, un insieme eterogeneo di sostanze con attività biologiche molto diverse tra loro, ma senza un valore energetico (come tutte le vitamine).

Le vitamine sono presenti sia negli alimenti di origine vegetale che in quelli di origine animale, pertanto non è corretto affermare che, per garantire un giusto apporto di vitamine, è necessario consumare solo grandi quantitativi di frutta e verdura.

Una loro carenza, soprattutto se protratta nel tempo, può provocare lesioni, malformazioni congenite, cataratta, neoplasie, malattie cardiocircolatorie, fino ad avere effetti nefasti.

Le vitamine esplicano la loro azione sul metabolismo dei macronutrienti (carboidrati, lipidi e proteine), sulla produzione di energia, sulla tonicità e resistenza degli annessi cutanei, inoltre agiscono a livello del sistema nervoso e del sistema immunitario.

Dalla recente letteratura scientifica emerge il ruolo determinante delle varie vitamine ad esempio:

  • La vitamina B1 (tiamina) sopprime lo stress ossidativo e ha proprietà anti-infiammatorie. Una sua carenza provoca neuro-infiammazione e sovra-espressione di citochine pro-infiammatorie.

 

  • La vitamina B6 (riboflavina) influenza l’immunità cellulare, in particolare il suo deficit altera la differenziazione e maturazione dei linfociti. La sua carenza è stata associata a cambiamenti immunologici negli anziani, in persone infette da HIV e pazienti con uremia o artrite reumatoide. La supplementazione con vitamina B6 (50-100mg/giorno) per 14 giorni ha dimostrato di migliorare la risposta immunitaria in pazienti criticamente malati.

 

  • La vitamina B12 è fondamentale nel metabolismo delle proteine, dei glucidi e dei lipidi, ha un ruolo importante nella modulazione del sistema immunitario, nel funzionamento del sistema nervoso e nel metabolismo dell’acido folico e per questo influenza anche la formazione dei globuli rossi.

 

  • La vitamina B9 (acido folico) ha una funzione coenzimatica ed essenziale per la vita dei globuli rossi e la corretta composizione del sangue; interviene nel metabolismo degli aminoacidi ed è fondamentale per l’accrescimento e la riproduzione cellulare, in particolar modo per la corretta formazione del tubo neurale e lo sviluppo del sistema nervoso e del feto.

FABBISOGNO E BIODISPONIBILITA’ DELLE VITAMINE DEL GRUPPO B

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L’organismo non è in grado di sintetizzarle, se non in dossi minime, pertanto devono essere necessariamente introdotte tramite alimentazione o, meglio ancora, tramite integrazione.

Tuttavia, non è detto che la sola alimentazione sia in grado di colmare il fabbisogno di queste vitamine, a causa di:

  • Regimi alimentari squilibrati, tra cui l’alimentazione vegana, che eliminando alimenti di origine animale, porta ad una carenza di vitamina B12;
  • Processi di cottura, in grado di degradare alcune vitamine (Vit B9);
  • Alcool e fumo, che ne riducono l’assorbimento.

La biodisponibilità orale delle vitamine, ossia la quantità realmente disponibile ed efficace, è estremamente variabile:

  • Vitamina B1 è tra il 3-7%
  • Vitamina B6 è del 50%
  • Vitamina B12 dipende dalla presenza del fattore intrinseco dello stomaco, dosaggio e fonte di estrazione.
  • Vitamina B9 (acido Folico) dalla sua forma inattiva richiede la conversione operata da un enzima (il metilen-tetraidrafolato reduttasi che, per deficit genetico, è inespresso in circa il 3,5% della popolazione europea) che provoca quindi inibizione nella conversione nella forma attiva e conseguentemente anche aumento della omocisteinemia (fattore di rischio cardiovascolare).

Queste vitamine, una volta introdotte nell’organismo, per svolgere le proprie funzioni, devono essere convertite nella forma attiva.

Oltretutto, alcuni farmaci, polimorfismi genetici o delle carenze ereditarie di enzimi funzionali, possono influire su questi processi; ad esempio si stima che il 20% della popolazione non sia in grado di convertire la vitamina B6 in Piridossal 5-fosfato, la sua forma attiva.

COME SCEGLIERE L’INTEGRATORE GIUSTO?

Questo è il motivo per cui un buon integratore, dovrebbe contenere queste vitamine già nella loro forma attiva e quindi biodisponibile e soprattutto ai giusti dosaggi in grado di esplicare la loro funzione.

Per esempio, per quanto riguarda la forma attiva delle vitamine, nel momento in cui si acquista un integratore, è necessario scegliere:

  • Per la vitamina B9 il metil-tetraidrafolato e non l’acido folico
  • Per la vitamina B12 la metil-cobalamina e non la cianocobalamina
  • Per la vitamina B2 il riboflavin 5’ fosfato e non la riboflavina
  • Per la vitamina B6 il piridossal-fosfato e non hcl piridossina

La legislazione italiana ed europea, non prevede l’obbligo di inserire in etichetta la presenza della forma attiva o indicare la biodisponibilità della sostanza.

Questo fa sì che ci sia una vendita di integratori e nutraceutici dannosa non solo per la salute ma anche per il portafoglio.

Per questo motivo, per la scelta di un integratore, è fondamentale affidarsi sempre a personale qualificato (farmacista o medico specializzato), che sappia valutare il dosaggio, la biodisponibilità, le modalità di assunzione ed eventuali interazioni.

 

FONTI:

TRATTATO ITALIANO DI NUTRACEUTICA CLINICA. 2017

Cicero. Colletti. Handbook of Nutraceuticals for clinical use. 2018

Evidence of a thephylline-induced vitamin B6 defiency caused by non competitive inhibition of pyridoxal kinase. J lab Clin Med. 1989 J Lab Clin Med. 1989 Jan;113(1):15-22.

Spinas, Enrico, et al. “Crosstalk between vitamin B and immunity.” J Biol Regul Homeost Agents 29.2 (2015): 283-8.

L’alimentazione per l’esercizio fisico e lo sport Michelangelo Giampietro.

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Sistema immunitario

Sistema immunitario: cos’è?

Il sistema immunitario è costituito da una serie di processi, mediatori e strutture biologiche che hanno il compito di proteggere  l’organismo dalle infezioni causate da virus, batteri o funghi.

SISTEMA IMMUNITARIO E SPORT

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Negli atleti si può assistere ad alterazioni o soppressioni di alcune componenti del sistema immunitario, che possono avvenire in maniera spontanea o in seguito a determinate situazioni; pertanto, soprattutto per questa categoria di soggetti, risulta fondamentale rafforzare il sistema immunitario.

Infatti, le recenti Position Statement dell’ISEI (International Society of Exercise and Immunology) hanno messo in evidenza come, soprattutto l’attività sportiva di endurance (maratona, ultramaratona, triathlon ecc.) possa essere in grado di inibire il sistema immunitario, soprattutto nei soggetti predisposti; questo può avvenire sia durante le gare che durante gli allenamenti e la preparazione atletica.

Al contrario,  l’esercizio fisico regolare di moderata entità, è in grado di stimolare positivamente il sistema immunitario, andando ad esercitare un effetto protettivo sull’organismo.

L’OPEN WINDOW (OW) è una finestra temporale, all’interno della quale, virus e batteri hanno facilmente accesso all’organismo; questa situazione di ridotta sorveglianza immunologica che può durare dalle 3 alle 72 ore, è stata correlata ad un’intensa attività sportiva.

Diversi studi epidemiologici, hanno messo in evidenza che il 35-56% degli atleti di endurance, sia maggiormente suscettibile ad infezioni del tratto respiratorio superiore (URTI: Upper Respiratory Tract Infection), in particolare febbre e mal di gola, nelle due settimane successive all’evento sportivo.

Tuttavia, affinché si manifestino le infezioni, è necessaria la presenza di una o più situazioni contingenti, tra cui la malnutrizione, l’esposizione a nuovi patogeni, scarso riposo, stress psicologico, scarso recupero post-allenamento.

LINEE GUIDA PER IL SUPPORTO IMMUNOLOGICO

Alla luce di ciò, risulta chiara l’importanza di rinforzare e stimolare il sistema immunitario. In particolare, per gli atleti risulta fondamentale seguire delle semplici linee guida per il supporto immunologico, ossia:

  1. Seguire un regime dietetico adeguato per tutto l’anno, assicurando appropriate quantità di tutti i nutrienti (macro e micronutrienti), avendo cura di inserire la giusta quantità di carboidrati, proteine e grassi, in funzione dello sforzo fisico.
  2. Evitare carenze di energia, proteine e alcuni micronutrienti (rame, ferro, manganese, magnesio, selenio, zinco, vitamine A, C, D, B6, B12 e acido folico);
  3. Prestare particolare attenzione alla nutrizione, pre, durante e post gara ma, soprattutto, alla gestione dei pasti durante la settimana e nelle gare ravvicinate.

VITAMINA C E VITAMINA D – PREVENGONO LE INFEZIONI DELLE ALTE VIE RESPIRATORIE

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Di particolare importanza è l’assunzione di Vitamina C, che si è dimostrata in grado di ridurre l’immunodepressione dovuta all’esercizio fisico intenso e di attenuare la riduzione dei linfociti, causata dall’esercizio fisico, e prevenire le infezioni delle alte vie respiratorie.

Uno studio clinico ha osservato che la supplementazione di 500 mg di vitamina C negli atleti, per 21 giorni prima della gara,  conferiva una una riduzione del numero di casi di infezioni delle alte vie respiratorie (15,9%) rispetto al placebo (40,4%).

Oltre a ciò, la supplementazione di vitamina C di 1000 mg/die ha favorito l’aumento della conta dei linfociti, in seguito ad esercizio fisico e, attenuato l’aumento di sostanze infiammatorie.

Diversi studi, inoltre, hanno dimostrato che bassi livelli sierici di vitamina D sono associati a infezioni del tratto respiratorio superiore (URTI),tra cui influenza, broncopneumopatia cronica ostruttiva e asma allergico.

Pertanto avere adeguati livelli di vitamina D, protegge sia dalle infezioni batteriche che da quelle virali ed è in grado di attivare la funzionalità di alcuni tipi di globuli bianchi, i linfociti, che hanno un ruolo cruciale nella difesa da tutte le infezioni virali, compresa la Covid-19.

Per questo suggeriamo, ai nostri atleti e non solo, di utilizzare in associazione sia la Vitamina C che la Vitamina D,

Per conoscere quali prodotti utilizzare, il corretto dosaggio e le  modalità di assunzione, vieni a trovarci da BIOINTEGRA 3.0

FONTI:

Prietl, Barbara, et al. “Vitamin D and immunefunction.” Nutrients 5.7 (2013): 2502-2521.

Hemilä, Harri, and Elizabeth Chalker. “Vitamin C for preventing and treating the common cold.” Cochrane Database of Systematic Reviews 1 (2013).

Moreira, A., et al. “Nutritional modulation of exercise-induced immunodepression in athletes: a systematic review and meta-analysis.” European journal of clinical nutrition 61.4 (2007): 443-460.

 

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ALIMENTAZIONE

Un’alimentazione corretta è fondamentale per migliorare la performance, cosa che, purtroppo, viene sottovalutata da chi pratica attività sportiva sia a livello amatoriale, dilettantistico ma soprattutto professionistico.

Una scorretta alimentazione può portare a un peggioramento delle prestazioni fisiche ma anche a una serie di altre problematiche tra cui disturbi gastrointestinali come crampi addominali, reflusso, senso di gonfiore, senso di pesantezza, difficoltà di digestione, diarrea e disturbi extra gastrointestinali come mal di testa, crampi muscolari, difficoltà di concentrazione, dermatiti, etc.

Il compito del nutrizionista sportivo, infatti, è quello di creare un piano nutrizionale che tenga conto delle esigenze dell’atleta, come i gusti personali, la cultura alimentare ma, soprattutto, bilanciare i nutrienti in previsione dello sforzo fisico e degli orari di gara.

Questo lavoro non risulta essere semplice se prendiamo in considerazione il fatto che, in una squadra professionistica di calcio, sono presenti circa 26 ragazzi che hanno provenienza diversa, non solo a  livello regionale ma anche di etnia o religione, per cui bisogna tenere conto non solo dei gusti ma anche della loro cultura e di conseguenza creare un piano alimentare che tenga conto di tutte queste variabili.

ORARIO DEI PASTI

In previsione dell’evento sportivo, è necessario tenere in considerazione due fattori ossia: l’orario dei pasti e le combinazioni alimentari con le relative quantità.

Questo rappresenta uno dei principali problemi che riscontriamo maggiormente, in quanto gli orari di allenamento e di gara sono differenti.

Difatti, chiediamo sempre all’atleta di “replicare” quello che viene fatto durante la settimana (per questo forniamo un piano alimentare dettagliato), inoltre, suggeriamo gli orari dei pasti in funzione dell’orario di allenamento e consigliamo di utilizzarli sempre nella stessa tempistica oraria e suggeriamo di non utilizzare alimenti diversi.

Ad esempio, se il giorno della gara si effettua il pasto due ore e mezza/tre ore prima, è necessario abituarsi a mangiare durante la settimana con la stessa frequenza oraria ed utilizzare più o meno la stessa tipologia di alimenti.

Al contrario, spesso, i ragazzi tendono ad alzarsi tardi la mattina, di conseguenza tendono ad effettuare il pasto in maniera fugace, utilizzando alimenti preconfezionati o ancora alimenti completamente diversi da quelli che verranno utilizzati il giorno della gara e con una tempistica completamente diversa.

Questo va a influire negativamente sulle prestazioni il giorno di gara in quanto potrebbero verificarsi disturbi quali cattiva digestione, senso di gonfiore, senso di pesantezza, acidità di stomaco, difficoltà di concentrazione, calo di energia ecc.

Uno dei problemi principali è rappresentato da una cattiva digestione dovuta all’incapacità del nostro intestino di metabolizzare correttamente i cibi ingeriti, in quanto non è allenato alle tempistiche e agli alimenti ingeriti, in quanto introdotti in una fascia oraria diversa da quella in cui si è abituati a mangiare.

Altra situazione è quella in cui i ragazzi sono abituati a mangiare a ridosso dell’allenamento (30-60 minuti prima) e, nel momento in cui effettuano il pasto tre ore prima, possono avvertire poco prima della gara sensazione di fame, ipoglicemia, calo di concentrazione.

Pertanto risulta fondamentale mantenere una routine costante negli orari dei pasti, provando in settimana ciò che si farà il giorno di gara.

COMBINAZIONI ALIMENTARI E QUANTITA’

Altro fattore fondamentale, ai fini di una buona performance, è quello di conoscere le corrette combinazioni e le quantità degli alimenti, da utilizzare il giorno della gara; inoltre è necessario conoscere la risposta personale che si ha in seguito all’ingestione di un pasto .

L’intestino, in effetti, è un muscolo che va “allenato” durante la settimana a sopportare quello stress alimentare e psico-fisico che si presenterà il giorno di gara.

Per questo motivo suggeriamo di utilizzare, nei giorni di allenamento più intenso e, non tutti i giorni, lo stesso pasto previsto il giorno della gara, evitando a fine pasto di utilizzare alimenti dolci, gelati o frutta che possono risultare deleteri in termini di digestione e di risposta glicemica.

Ognuno di noi ha una risposta individuale all’ingestione di un pasto ed è per questo che lasciamo scegliere al ragazzo se utilizzare delle quantità maggiori o minori di carboidrati o, semplicemente, utilizzare un secondo e una piccola quota di carboidrati.

Infatti, può accadere che un ragazzo che si senta limitato nelle quantità, possa avvertire poi un senso di fame durante la gara che, ovviamente risulta essere deleterio.

La cosa fondamentale è quella di evitare combinazioni alimentari che possono provocare un rallentamento della digestione e provocare tutta una serie di disturbi durante lo sforzo atletico.

Quindi il concetto basilare è: “non inventarsi nulla il giorno della gara”; cercando di replicare il timing e la tipologia di alimenti utilizzati durante la settimana di allenamenti anche il giorno della gara.

Durante l’arco della stagione sportiva capita di giocare sempre ad orari diversi: le 12, le 15, le 17 o le 21, per cui sarà necessario stabilire un piano di alimentazione che tenga conto dei diversi orari della gara.

COSA MANGIARE PRIMA DI UNA GARA ALLE 15?

COLAZIONE PRE-GARA

alimentazione

Innanzitutto è fondamentale che la colazione venga effettuata tra le 8.30 e le 9, considerando che il pranzo verrà effettuato intorno alle 11.30.

Il primo pasto deve contenere una quota equilibrata di carboidrati, proteine e grassi.

Un’esempio di colazione bilanciata potrebbe essere costituita da:

  • Una bevanda come una tisana o delle bevande vegetali di avena o mandorle senza zuccheri aggiunti
  • Pane tostato con fesa di tacchino o bresaola oppure un uovo intero con 2-3 albumi
  • Frutta secca come noci, mandorle o pistacchi

oppure:

  • Un vasetto di yogurt greco bianco
  • Fiocchi di avena integrali o del muesli biologico
  • Frutta secca come noci, mandorle o pistacchi

oppure:

  • Frutta fresca di stagione
  • Un uovo interno con 2-3 albumi oppure della fesa di tacchino
  • Frutta secca come noci, mandorle o pistacchi

Una colazione SBILANCIATA è costituita invece da alimenti come:

  • Succhi di frutta, bevande zuccherate e bevande vegetali ricche di zuccheri aggiunti, latte e spremute di arancia specie quando assunte in aggiunta ad una colazione tra quelle sottoelencate.
  • Fette biscottate con marmellata + frutta fresca + miele
  • Pane tostato con marmellata e miele + biscotti integrali
  • Latte e cereali + fette biscottate con marmellata o miele o frutta di stagione

Il motivo è una mancanza di equilibrio tra i vari nutrienti.

PRANZO PRE-GARA

ALIMENTAZIONE

Il PRANZO PRE-GARA va effettuato circa due ore e mezza/tre ore prima di scendere in campo, per cui, tenendo conto che si scende in campo per il riscaldamento già intorno alle 14.29, il pasto va effettuato tra le 11.15 e le 11.30, considerando che i ragazzi mangiano in meno di 20 minuti.

Il nostro consiglio è quello di cominciare il pasto con un buffet di verdure, che risultano ottimo escamotage per placare il senso di fame soprattutto per chi ha la tendenza a mangiare tanto; successivamente si passa a un piatto di pasta o riso. Solitamente consigliamo di condire la pasta con delle zucchine trifolate e non con del sugo di pomodoro che può invece creare dei problemi di digestione, soprattutto in una fase di tensione gastrointestinale molto importante come quella del match.

Il secondo piatto consiste in una porzione di petto di pollo o fesa di tacchino, alimenti pratici e poco elaborati che nella maggior parte dei casi, risultano essere ben digeriti e tollerati.

A questo punto il pasto può dirsi concluso, in quanto sconsigliamo assolutamente di utilizzare alimenti dolci quali crostate, gelato, biscotti ma anche frutta.

La motivazione è che questi alimenti vanno a rallentare ed alterare i processi digestivi, creando i presupposti per una digestione difficoltosa, laboriosa e lenta che porta molto spesso a disturbi gastrointestinali; oltre al fatto che questi alimenti sono privi di nutrienti specifici e ricchi di farine raffinate, zuccheri semplici, oli idrogenati e lavorati, quindi poco funzionali alla prestazione.

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Affaticamento Muscolare

Come non provare affaticamento muscolare durante e dopo una partita di calcio

L’affaticamento muscolare è uno degli aspetti più studiati in ambito scientifico, per favorire il miglioramento delle prestazioni sportive.

Nonostante i numerosi studi a disposizione, pochi nutrizionisti, tecnici e preparatori atletici sono aggiornati sulle reali cause che portano ad un peggioramento della condizione fisica di un atleta, sia durante l’allenamento, che durante la gara.

Possiamo tranquillamente affermare che tutti gli sportivi sperimentano la stanchezza o affaticamento muscolare temporaneo, sia durante le competizioni, che durante gli allenamenti.

Cos’è l’affaticamento muscolare temporaneo?

L’affaticamento muscolare temporaneo nel calcio può essere definito come una riduzione dell’esercizio ad alta intensità (al di sotto della media della partita), nei cinque minuti successivi al periodo più intenso della partita.

In parole povere, quando degli sprint ripetuti vengono eseguiti dai giocatori subito dopo un periodo intenso, durante la partita, e alla fine di ogni tempo, le prestazioni dello sprint sono significativamente ridotte.

Ciò è il risultato di meccanismi fisiologici, associati a disturbi periferici, che alla fine della prestazione portano alla cessazione dell’esercizio.

Il pensiero comune di allenatori, giocatori e addetti al settore, è quello di attribuire all’accumulo di “lattato” o “acido lattico”, l’insorgenza della fatica, perché la riduzione della prestazione durante una partita o un allenamento viene associata a moderati aumenti delle concentrazioni di lattato nel muscolo o nel sangue.

Tuttavia, la letteratura scientifica fornisce poche prove a sostegno di questa teoria, anzi lascia intendere come il lattato possa fungere da fonte di energia durante la prestazione!!!

Lattato e riduzione della prestazione

Si pensa che il lattato influisca negativamente sulla performance sportiva in quanto elevate concentrazioni possono provocare un aumento degli ioni idrogeno all’interno del muscolo, favorendo una maggiore acidificazione del muscolo stesso ed una compromissione delle proprietà contrattili.

Tuttavia è stato riscontrato che il grado di acidità muscolare durante una partita di calcio è abbastanza basso (pH ~ 6,8), e quindi, ad oggi, non è considerato come la vera causa diretta dell’affaticamento muscolare e della riduzione delle prestazioni calcistiche.

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Affaticamento muscolare: le cause reali

Ecco quindi riportate di seguito le 5 reali cause dell’affaticamento muscolare:

  1. Bassa concentrazione di fosfocreatina (creatina) nel muscolo.

Numerosi studi attestano un netto miglioramento delle prestazioni, durante un intenso esercizio intermittente, a seguito dell’ integrazione di creatina monoidrato.

Dopo un intenso esercizio fisico, le concentrazioni di fosfocreatina sono quasi del tutto esaurite nelle singole fibre muscolari, tanto da favorire l’insorgenza della fatica.

Tuttavia è stato dimostrato che dopo una partita di calcio, le concentrazioni di fosfocreatina nel muscolo vengono ridotte “solo” del 25%, rispetto alle concentrazioni a riposo dopo periodi di allenamento intensi o dopo la partita.

Questa riduzione relativamente piccola della fosfocreatina muscolare sembra però essere una conseguenza del rapido recupero della fosfocreatina che si verificherebbe entro 15-30 secondi di ritardo nella preparazione e nella raccolta delle biopsie muscolari.

Pertanto questa rimane una delle reali cause di diminuzione della perfomance, ed è il motivo per il quale la creatina monoidrato è uno degli integratori che maggiormente consigliamo ai nostri sportivi.

  1. Accumulo di potassio nell’interstizio muscolare e disturbi elettrici associati.

Prima della contrazione il muscolo deve essere innervato dal suo motoneurone, che invia messaggi elettrochimicamente, usando sodio e potassio, per provocare un impulso elettrico.

L’accumulo di potassio nell’interstizio muscolare può compromettere questo impulso al muscolo, ostacolando la contrazione muscolare.

Diversi studi supportano questa tesi, attestando come le concentrazioni di potassio interstiziale muscolare aumentino durante l’esercizio intenso, e ciò sarebbe sufficiente a ridurre lo sviluppo della forza e quindi a portare ad una diminuzione della performance.

  1. Riduzione delle riserve di glicogeno muscolare

È stato osservato come lo sviluppo della fatica, durante un esercizio intermittente prolungato, sia associato ad una bassa disponibilità di glicogeno (zucchero) nel muscolo.

Numerosi studi hanno dimostrato come una dieta ricca di carboidrati porti ad un aumento del glicogeno muscolare prima dell’esercizio fisico, il che determina un miglioramento delle prestazioni di corsa intermittente ad alta intensità.

Se non si aumentano le concentrazioni di glicogeno muscolare prima dell’esercizio o non si fornisce una adeguata quantità di carboidrati durante l’esercizio, è possibile che i livelli di glicogeno muscolare si abbassino al di sotto della concentrazione richiesta per mantenere la velocità glicolitica (la capacità di produzione di energia) massima.

In particolare è stato osservato come la quantità di glicogeno all’interno del tessuto muscolare viene esaurita, o completamente esaurita, alla fine di una partita di 90 minuti.

Questa riduzione è stata osservata sperimentalmente con una diminuzione della velocità nello sprint durante un test di sprint eseguito immediatamente dopo la partita.

Pertanto, l’esaurimento del glicogeno nelle fibre muscolari può impedire uno sforzo massimo in sprint singoli e / o ripetuti ed essere responsabile della “fatica permanente” verso la fine di una gara.

  1. Ipoidratazione ed ipertermia

Entrambi questi fattori sono stati associati alla comparsa della stanchezza nella parte finale (ultimi 15 minuti) di una partita.

Le perdite di liquidi nei calciatori variano molto tra i soggetti, ed anche in risposta alla stessa sessione di allenamento o partita.

È stato stimato che i giocatori di calcio perdono in media 1-3 litri di liquidi durante le partite in ambienti termo-neutri, e le perdite di liquidi possono superare i 3 litri in ambienti caldi e umidi.

La perdita di liquidi è un fattore molto rilevante da tenere sotto controllo, in quanto una ipoidratazione (cattiva idratazione) equivalente al 2% di perdita di massa corporea compromette le prestazioni e le abilità calcistiche.

In altri sport di corsa intermittente, come il tennis, è stato riportato che un deficit di liquidi maggiore pari al 2,7% di perdita di massa corporea riduce le prestazioni di sprint di cinque e dieci metri.

Mentre anche modeste perdite di liquidi (circa l’1% della massa corporea dei giocatori), nel calcio, portano a riduzioni significative delle prestazioni nello sprint, nonostante non abbiano alcun effetto sulla temperatura interna.

In definitiva, la perdita di liquidi non controllata e non adeguatamente compensata, è uno dei maggiori fattori responsabili della compromissione della prestazione sportiva, specie verso la fine di una partita.

Ecco perché poniamo molta alle strategie di introduzione dei liquidi (acqua ed elettroliti come magnesio, sodio, potassio e cloro) soprattutto nei calciatori, monitorando e personalizzando il piano di integrazione e nutrizione sulla base delle esigenze del singolo calciatore, dell’allenamento o della singola partita.

  1. Stanchezza cronica

Una ultima questione rilevante nel calcio professionistico è valutare la comparsa di stanchezza “cronica”, perchè spesso più partite vengono giocate in un breve periodo di tempo.

Ad esempio, nel calcio spesso si è tenuti a giocare 2-3 partite a settimana durante fasi specifiche della stagione.

Ad oggi, non sono state rilevate differenze nelle abilità o nelle prestazioni fisiche quando sono state giocate tre partite in sette giorni, ma è stato evidenziato che la capacità dei giocatori di scattare, saltare ed eseguire ripetuti esercizi intensi è compromessa quando si giocano due partite alla settimana per un periodo di sei settimane.

In conclusione è possibile migliorare la performance, ritardando l’insorgenza dell’affaticamento muscolare, conoscendo e comprendendo quali sono i fattori che la influenzano.

Ecco perchè diventa fondamentale la figura del nutrizionista che dovrà modificare il piano nutrizionale della squadra e dei singoli giocatori in base sia alle richieste della partita “singola”, sia nel contesto del calendario “generale” delle partite.

E questo è il motivo per il quale è necessario affidarsi a Professionisti specializzati in campo sportivo che abbiano un quadro nitido e chiaro delle variabili su cui è necessario intervenire per ottimizzare la Performance.

 

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FONTI

Barca Innovation Hub Universitas

 

VITAMINA D

Quanta Vitamina D assumere giornalmente?

VITAMINA D

Carenza di Vitamina D: un fattore di rischio per le fratture

La carenza di Vitamina D è molto comune negli anziani e in coloro che soffrono di osteoporosi e, rappresenta un fattore di rischio per le cadute e per le fratture, in particolare tra gli over 65.

Infatti, le cadute, le fratture e l’equilibrio instabile sono tra i problemi clinici più seri degli anziani,  con tassi di mortalità e morbilità particolarmente elevati in questa categoria di popolazione(Istituto Superiore Sanità).

Studi scientifici, hanno evidenziato, in particolare, che le donne dai 50 agli 80 anni, a seguito di una prima frattura, hanno un rischio di sviluppare una seconda frattura cinque volte maggiore entro l’anno o nei due anni successivi, rispetto a coloro che non hanno avuto una precedente frattura.

VITAMINA D 2

 Fratture al femore

Il numero di ospedalizzazioni dovute a frattura del femore risulta in continuo aumento, in particolare nei soggetti con più di 65 anni e soprattutto al di sopra dei 75 (la percentuale è del 84.9%).

Rispetto al resto del mondo, una revisione sistematica di 72 studi, effettuati in 63 nazioni diverse, ha rivelato che l’Italia è tra i paesi con una maggiore incidenza di fratture del femore; infatti, annualmente, su 100mila abitanti, si registra un’incidenza maggiore di 300 persone per le donne e maggiore di 150 per gli uomini.

Inoltre, ci si aspetta che a livello globale, il numero di fratture di femore continuerà ad aumentare, passando così da 1.26 milioni di eventi registrati nel 1990 a 4.5 milioni nel 2050.

Il tasso di mortalità, in seguito alla frattura del femore, è del 5% nel periodo immediatamente successivo all’evento e del 15-25% dopo un anno.

Per di più, nel 20% dei casi si ha la perdita definitiva della capacità di camminare autonomamente e, solo il 30-40% dei soggetti, torna alle condizioni precedenti la frattura.

Benefici accertati dell’integrazione di Vitamina D

È stato dimostrato che la supplementazione con almeno 800 IU di vitamina D è capace di ridurre sia le cadute sia le fratture del femore, del 30% nella popolazione anziana.

Diversi studi, hanno dimostrato gli effetti benefici dell’integrazione di vitamina D sulla struttura muscolo-scheletrica ma, soprattutto, la sua prevenzione in caso di fratture; in particolare è stata dimostrata una riduzione significativa del 14% del rischio di frattura e una significativa riduzione del 12% del rischio di cadute.

Per questo motivo, gli integratori di Vitamina D, sono sempre raccomandati alle persone anziane;

anche l’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) raccomanda l’integrazione di Vitamina D nei pazienti “a rischio di frattura da fragilità o con pregressa frattura da fragilità o prima o in corso di trattamento con farmaci anti-osteoporotici”.

Fratture di fragilità: l’importanza dell’integrazione con Vitamina D

A tal proposito, lo scorso ottobre, è stato pubblicato un documento, validato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ed elaborato da otto società scientifiche, dal titolo: “Diagnosi, stratificazione del rischio e continuità assistenziale delle fratture da fragilità”.

Questo documento rappresenta le linee guida ufficiali sulle fratture di fragilità, basate sulle evidenze scientifiche finora disponibili, finalizzato al sostegno dei professionisti sanitari ed all’implementazione di nuovi interventi, per la diagnosi e per la prevenzione delle fratture di fragilità.

Che cosa sono le fratture di fragilità?

Le fratture di fragilità non sono altro che delle fratture spontanee o indotte da minimi traumi, ad esempio, quelle fratture che derivano in seguito ad una caduta dalla posizione eretta o da un’altezza ridotta.

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L’integrazione di Vitamina D è fortemente raccomandata

Dal documento si evince l’importanza dell’integrazione della Vitamina D, la cui assunzione è raccomandata a tutti i soggetti carenti, indipendentemente dall’età o dal rischio di fratture, soprattutto nei pazienti più anziani che sono quasi sempre carenti di vitamina D, in quanto incapaci di garantirsi il fabbisogno con l’esposizione solare e, quindi, a maggior rischio di fratture.

Pertanto si raccomanda l’assunzione di almeno 800-1000 UI di vitamina D al giorno, anche senza bisogno di ricorrere alla preventiva determinazione della 25-OH-vitamina D ematica.

Recentemente, è stato pubblicato un ulteriore studio, il quale ha dimostrato che l’assunzione di colecalciferolo, la forma più comune di integrazione della vitamina D, a dosi adeguate, specialmente se assunto giornalmente, porta ad un miglioramento dello stato di ipovitaminosi in tempi brevissimi.

Per questo motivo gli integratori di Vitamina D, sono  sempre raccomandati per le persone anziane.

Anche l’Aifa raccomanda l’integrazione di vitamina D nei pazienti “a rischio di frattura da fragilità o con pregressa frattura da fragilità o prima o in corso di trattamento con farmaci anti-osteoporotici”.

Ecco perché ti consiglio un’integrazione di vitamina D, con un dosaggio di almeno 800-1000 UI e soprattutto l’utilizzo di un valido prodotto come il VITAD POWER – NUTRA 3F, il primo integratore di vitamina D con olio di oliva e Astaxantina, uno dei più potenti antiossidanti finora conosciuti, prodotta dalla microalga Haematococcus pluvialis.

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VITAD POWER – NUTRA 3F, il primo integratore di vitamina D con olio di oliva e Astaxantina

 

 

Non dimenticare di affidarti sempre a dei professionisti che sappiano consigliarti il giusto prodotto e soprattutto il dosaggio corretto da assumere.

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Caduta Capelli 2

La caduta capelli è un fenomeno che da ultime evidenze scientifiche attestano una correlazione negativa tra Covid-19 e salute dei capelli, ponendo l’attenzione su come questo virus possa essere causa scatenante di indebolimento e caduta di peli di viso e corpo.

Caduta capelli covid

In particolare è emerso come il covid-19 sia uno dei fattori di rischio, accanto a gravidanza, traumi psicologici, malattie, ospedalizzazione, chirurgia, malnutrizione e farmaci, della comparsa di diverse manifestazioni dermatologiche: rash eritematoso, orticaria diffusa, vescicole simili alla varicella, ma anche casi di alopecia areata e telogen effluvium.

Caduta Capelli Covid

L’alopecia areata è una patologia cronica infiammatoria che comporta l’improvvisa perdita non cicatriziale di peli, in soggetti senza alcuna evidente patologia cutanea o sistemica, mentre il telogen effluvium è un fenomeno caratterizzato da  una diffusa caduta dei capelli 2-3 mesi dopo la comparsa di un fattore di stress.

 

Dai dati pubblicati in letteratura emerge come i soggetti particolarmente colpiti da questi episodi, e che nei mesi precedenti avevano contratto il Covid-19,  fossero per il 90% di sesso femminile, con un’età media di 48,5 anni.

 

La caduta dei capelli era iniziata all’incirca 50 giorni dopo il primo sintomo di infezione da COVID-19 per poi proseguire durante il periodo di sviluppo della patologia, periodo durante il quale l’80% dei pazienti è stato trattato con antibiotici, corticosteroidi sistemici e/o idrossiclorochina e il 70% è stato ricoverato in ospedale.

Caduta capelli cause

Ma quale è il meccanismo alla base di questa correlazione Covid-19 – caduta capelli?

Si ipotizza che il Covid-19 possa creare un ambiente infiammatorio che consente l’attivazione non specifica del sistema immunitario. Il corpo risponde all’infezione da Covid-19 creando uno stato proinfiammatorio, che danneggia i tessuti, dato confermato dall’osservazione di più elevati livelli di citochine pro-infiammatorie in soggetti affetti dalle forme più gravi del virus. Inoltre l’infezione comprometterebbe i meccanismi anticoagulanti, portando alla formazione di microtrombi nei follicoli piliferi che possono occludere l’afflusso di sangue al follicolo pilifero, causandone morte e caduta. Un’altra possibile spiegazione della caduta di capelli in soggetti affetti da Covid-19 consisterebbe in una reazione crociata tra gli antigeni del virus e gli antigeni dell’ospite. Il virus potrebbe avere antigeni che cross-reagiscono con gli antigeni self, facendo sì che la risposta immunitaria si rivolga contro i tessuti dell’ospite

Così gli antigeni espressi a livello dei follicoli verrebbero riconosciuti e attaccati dal sistema immunitario.

 

Infine, ultimo fattore da non trascurare, riguarda lo stress : la pandemia da Covid-19 ha avuto infatti un impatto significativo sulla salute mentale della popolazione mondiale, e lo stress psicosociale e fisiologico sembra quindi essere un possibile importante fattore di rischio della caduta dei capelli.

È possibile bloccare l’avanzata di questo disturbo e prevenire la caduta capelli?

Come prevenire la caduta capelli

E’ possibile prevenire la caduta capelli attraverso l’utilizzo di sostanze che hanno un ruolo protettivo e rigenerativo sulla salute dei capelli.
  • Vitamine del gruppo B:
L’integrazione di vitamine del gruppo B è forse il rimedio più noto per la cura di capelli e unghie. Sono infatti essenziali per la sintesi della cheratina e per il nutrimento dei follicoli. Ad esempio la vitamina B1 fornisce al bulbo il carburante necessario alla produzione stessa dei capelli mentre la vitamina B3, o Niacina, stimola la microcircolazione del cuoio capelluto;
L’acido Pantotenico o vitamina B5 svolge invece un’azione anti caduta e preserva i capelli dall’ingrigimento mentre le vitamine B2 e B6 intervengono nella struttura dei capelli, tanto che una loro carenza è direttamente correlata alla caduta dei capelli stessi;
La biotina o vitamina B8 invece sostiene la crescita di capelli sani, mantenendo il bulbo vitale e preservandone le normali funzioni in caso di stress. E’ pertanto considerata il rimedio elettivo per rinforzare i capelli e favorirne la ricrescita.
  • Vitamina C:
Grazie al suo forte potere antiossidante interviene in tutti quei meccanismi di risposta allo stress che provocano un indebolimento del sistema immunitario, ed agisce contro i radicali liberi. Una adeguata integrazione di vitamina C favorisce la circolazione del sangue al cuoio capelluto e ai follicoli, con benefici sulla loro ricrescita.
Inoltre la sua presenza in opportune quantità nell’organismo favorisce l’assorbimento del ferro, minerale fondamentale per la salute dei capelli.
VITAMINA C

Integratore alimentare di vitamina C, a base di Acerola

  • Vitamina E:
Grazie al suo forte potere anti-ossidante è un’arma contro lo stress provocato dall’azione dei radicali liberi.
Regola la produzione di sebo e il pH del cuoio capelluto, che sono tra le cause di forfora, prurito e caduta dei capelli.
Inoltra contrasta la secchezza dei capelli, nutrendo il film idrolipidico che riveste capelli e cuoio capelluto, lasciandoli idratati e splendenti.
  • Vitamina D:
Svolge un ruolo importante nella fisiopatologia di pelle e capelli, in quanto, attraverso il suo recettore VDR, diminuisce la proliferazione dei cheratinociti, migliora la loro differenziazione e modula sia l’immunità cutanea innata che l’immunità adattativa.
Il mantenimento di capelli normali dipende infatti dall’integrità del derma, dell’epidermide e dei cicli piliferi.
Oltre al suo effetto sulla differenziazione epidermica, la VDR svolge anche un ruolo fondamentale nel preservare l’integrità del follicolo pilifero.
  • Beta-carotene:
In quanto precursore della vitamina A è importante per assicurare il benessere della cute del cuoio capelluto. La vitamina A è un costituente della membrana cellulare e quando è carente può portare ad un’eccessiva produzione di cheratina. Ciò determina secchezza del cuoio capelluto, che non garantendo il giusto nutrimento ai capelli, ne provoca la caduta.
  • Zinco e selenio:
Entrambi svolgono un’azione antiossidante che protegge le cellule dallo stress ossidativo, e per questo sono fondamentali per la salute di pelle e capelli. Una loro carenza è ascrivibile alla caduta dei capelli stessi
  • Cisteina e Metionina (amminoacidi):
Esplicano un’azione antiossidante che aiuta i follicoli a proteggersi dallo stress ossidativo. Inoltre la cisteina è il principale componente della cheratina ed esplica un’importante azione anti-caduta.
Detto questo è fondamentale sapere che, affinchè tutte queste sostanze possano esplicare l’effetto desiderato, vanno dosate e miscelate in maniera opportuna da professionisti della salute competenti e formati in materia.
Ricorda bene che è sempre la qualità e quantità della materia prima, la formulazione e la letteratura scientifica che c’è dietro un integratore che fanno la differenza tra un prodotto tale da esplicare un effetto positivo e un prodotto scadente.
Ricorda bene che è sempre il dosaggio, la tempistica e la modalità di assunzione che fanno la differenza tra ricevere il beneficio sperato e spendere inutilmente i tuoi soldi.
Quindi prima di acquistare un integratore seleziona correttamente il tuo interlocutore e non affidarti al primo estetista, parrucchiere, personal trainer o networker che ti trovi di fronte perchè quasi certamente ne sanno meno di te (ed ho detto tutto) ma a professionisti che sappiano indicarti la soluzione più corretta alle tue esigenze.
Vi aspetto!
Bibliografia
Trattato Italiano di Nutraceutica Clinica (Arrigo, Alessandro Colletti)

 

Bibliografia

Alopecia areata in a COVID19 patient: A case report

Alessandro Capalbo, 1 Domenico Giordano, 1 Nazareno Gagliostro, 1 Charalampos Georgios Balampanos, 1 Flavia Persechino, 2 Federica Orrù, 3 and Severino Persechino 1

Telogen effluvium associated with COVID19 infection

Hailey Olds, 1 Jesse Liu, 2 Kevin Luk, 2 Henry W. Lim, 2 David Ozog, 2 and Pranita V. Rambhatla 2

 

Lattoferrina Covid

LATTOFERRINA COVID: COME PROTEGGERE TE E LA TUA FAMIGLIA DAL COVID

Recenti studi hanno evidenziato numerosi benefici lattoferrina covid nel contrasto a virus e batteri responsabili di patologie per l’uomo.

In particolare è emerso come la lattoferrina sia in grado di esplicare una potente azione antivirale, immunomodulatrice ed antinfiammatoria, che la rendono un potente mezzo per prevenire l’infezione da Covid-19, rilevante soprattutto per il decorso dei casi più gravi.

Ma cosa è la lattoferrina?

Lattoferrina Covid 01

La lattoferrina è una proteina naturale, non tossica, che ha mostrato un’importante azione di difesa contro una grande varietà di virus e batteri. In particolare, dagli anni ’90 ad oggi, l’elenco dei virus inibiti dalla Lattoferrina si è notevolmente ampliato, includendo, ad esempio, citomegalovirus, virus dell’herpes simplex, virus dell’immunodeficienza umana ( HIV), rotavirus, virus respiratorio sinciziale, virus dell’epatite B, virus dell’epatite C (HCV), virus parainfluenzale, papillomavirus umano, adenovirus e virus dell’influenza A.

Il potere antivirale ad ampio spettro (ovvero su diversi virus) della lattoferrina è stato ormai accertato da diversi studi in vitro (osservati in provetta), in vivo (osservati su cellule vive) e studi clinici sull’uomo (testati direttamente sull’uomo), come è possibile osservare dalla tabella riportata di seguito:

Ma vediamo nel dettaglio i numerosi benefici lattoferrina.

Azione antivirale della Lattoferrina

La lattoferrina è in grado di inibire i virus in diversi modi:

1.      La lattoferrina impedisce l’ingresso del virus nella cellula. Studi recenti hanno dimostrato che la lattoferrina è in grado di impedire l’adesione del virus alla superficie della cellula, agendo su alcune molecole di superficie e recettori responsabili dell’avvio del processo di ingresso del virus nella cellula stessa.

2.      La Lattoferrina può legarsi direttamente alle particelle virali, deviandole dalle cellule bersaglio.

3.      La Lattoferrina può sopprimere la replicazione del virus, dopo che questo è entrato nella cellula, come nel caso dell’HIV ⁠.

4.      La lattoferrina può esercitare un effetto antivirale indiretto sulle cellule immunitarie che svolgono un ruolo cruciale nelle prime fasi dell’infezione virale. Da studi sull’integrazione orale umana contro i virus portatori di malattie, è stato riscontrato che la Lattoferrina, somministrata nell’intervallo di 100-1000 mg/die, nell’uomo riduce l’incidenza di raffreddori e sintomi simili al raffreddore, nonché migliora la gastroenterite rotavirale.

 Azione immunomodulante e antinfiammatoria della Lattoferrina

La Lattoferrina, oltre un’importante azione antivirale ad ampio spettro, presenta azioni immunomodulatorie e antinfiammatorie di grande rilievo nella fisiopatologia delle infezioni gravi.  Il ruolo immunomodulatore di questa proteina deriva dal suo potenziale unico di mantenere una condizione di equilibrio nei processi di difesa dell’organismo da virus e batteri che causano patologie, e di favorire il controllo dei processi infiammatori.

Questo importantissimo ruolo della lattoferina è stato dimostrato  in svariati studi di laboratorio e sugli animali, ma anche in studi clinici sull’uomo.

Recentemente, una meta-analisi di 10 studi randomizzati controllati, che hanno coinvolto 3679 neonati, ha concluso che la lattoferrina è in grado di ridurre la sepsi (una risposta infiammatoria eccessiva dell’organismo a un’infezione generalizzata, che danneggia tessuti e organi)  a esordio tardivo nei neonati prematuri⁠.

Benefici lattoferrina: azione protettiva contro il Covid-19

Alla lattoferrina è stata infine attribuita un’importante azione inibitoria nei confronti del Covid-19. La lattoferrina ha infatti dimostrato sperimentalmente di ostacolare l’ingresso nella cellula del virus SARS-CoV, e non solo. È ormai opinione comune che la mortalità da COVID-19 non è semplicemente dovuta all’infezione virale, ma è il risultato di una sindrome da tempesta di citochine (ovvero una reazione immunitaria esagerata) associata a iperinfiammazione, che porta a distress respiratorio acuto e successiva mortalità.

Ebbene è stato dimostrato, in contesti sperimentali, che la lattoferrina è in grado di ridurre e controllare la tempesta di citochine, favorendo così una gestione più equilibrata della risposta immunitaria e dei processi infiammatori, proponendosi a gran voce come promettente trattamento aggiuntivo per i casi più gravi di COVID-19.

In conclusione la lattoferrina ha dimostrato di possedere attività antivirali, immunomodulatorie ed antinfiammatorie molto importanti nella prevenzione di diverse patologie causate da virus e batteri, dal raffreddore all’influenza, dalla gastroenterite all’herpes,   negli adulti, negli anziani ed anche nei bambini. Ecco perché integrare la lattoferrina assume vitale importanza nella salvaguardia del tuo stato di salute, soprattutto in questo particolare periodo storico in cui il temutissimo virus Covid-19 continua a padroneggiare nelle nostre vite.

Ma, come per ogni integratore, ciò che fa la differenza tra un beneficio reale e concreto ed un beneficio nullo è la qualità del prodotto assunto, nonché il dosaggio e la modalità di assunzione.

Ecco perché è importante affidarsi a dei professionisti seri che conoscano le proprietà scientifiche dei prodotti consigliati, e sappiano indicarti la giusta quantità da assumere per poter realmente beneficiare di quelle proprietà, e non farti sperperare inutilmente i tuoi soldi. Ecco perché ti aspettiamo da Biointegra 3.0, per mettere tutta la nostra conoscenza, competenza e professionalità al servizio della tua salute e del tuo benessere. Ti aspettiamo.

 

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